E’arrivata, a Spezia per buona sorte dei soliti potenti locali, l’ennesima nocività industriale e, questa volta potremo dire di livello mondiale. Infatti quello che sbarca nel golfo ligure, come se non bastavano l’ENEL, l’OTO MELARA, il porto e tutte le varie schifezze tecnoindustriali, grazie alla commessa aggiudicata all’azienda A.S.G.Superconductors proprietà della famiglia genovese Malacalza, è qualcosa che va oltre i confini degli stati e ci rende complici, noi presunti antinuclearisti, di un progetto di fusione termonucleare chiamato I.T.E.R., il reattore sperimentale di nuova generazione che verrà realizzato in Francia nel sito di Gadarache. Non è passato un anno, dall’esito positivo al referendum che abrogava la proposta di legge per la costruzione di nuove centrali nucleari sul territorio nazionale e nonostante la vittoria legale ottenuta con tanta partecipazione, pare sia cosa già dimenticata (come del resto è dimenticato anche il quesito sulla privatizzazione dell’acqua). Il problema sembrava risolto, il volere popolare sembrava chiaro a tutti, nessuno voleva continuare sulla via del nucleare e invece, proprio qui nella nostra città, a fianco alle nostre case, davanti ai nostri occhi increduli, si innalzano le mura di quello che sarà un problema in Francia, così come in Italia e in ogni paese che in barba all’opinione pubblica continua a investire  nell’affare del nucleare, portando alle solite conseguenze di sfruttamento e inquinamento delle aree di estrazione, lavorazione, controllo e ovviamente di ricerca bellica.

Il nucleare ci uccide, e non importa che si costruiscano solo componenti che poi andranno a km di distanza…non vi pare?

Cos’è questo nuovo affare italiano?

Nel 2010, a Cadarache nel sud della Francia, sono iniziati i lavori per la costruzione del più grande progetto mondiale, un reattore a fusione termonucleare denominato I.T.E.R. (International Thermonuclear Experimental Reactor) il quale ha l’obiettivo di verificare in 20 anni «La fattibilità scientifica e tecnica della fusione termonucleare come nuova fonte di energia». Al colossale e costosissimo progetto partecipano 34 Paesi che puntano a realizzare nel novembre 2019 il “primo plasma” dell’ I.T.E.R. che è finanziato da Ue, Usa, Giappone, Corea del sud, Cina, India e Russia. Si stima che la sola fase di costruzione dell’ I.T.E.R.  costerà 12,8 miliardi di euro in 10 anni. Il nuovo accordo adottato formalmente dal Consiglio e dal Parlamento europei si basa su: 100 milioni di euro già inclusi nel bilancio 2012 dell’Ue destinati all’ I.T.E.R.;  360 milioni di euro promessi nel bilancio 2013 dell’Ue; 840 milioni di euro provenienti dai maggiori finanziamenti per la competitività per la crescita ed il lavoro: 650 milioni di euro nel 2012 e 109 milioni di euro nel 2013. I soldi per il nucleare I.T.E.R. saranno presi da un taglio di spese per le risorse naturali (450 milioni di euro nel 2011) e dell’amministrazione (390 milioni di euro nel 2011 e 2012). Ed è proprio nel 2010 che l’A.S.G. del gruppo Malacalza, aggiudicandosi una commessa del valore di circa 120milioni di Euro per la fornitura di dieci bobine magnetiche per I.T.E.R., entra in trattativa con la Regione Liguria, il Comune della Spezia e i sindacati per l’acquisto del sito più adatto alla realizzazione dell’impianto, ovvero l’ex area S.Giorgio. Per Davide Malacalza, presidente dell’A.S.G. ‹‹ Lo studio della fusione (termo)nucleare è un campo in cui l’Europa vanta un’eccellenza ››, e agginge ‹‹ chi riuscirà per primo a tradurre sul piano industriale i vantaggi potenziali della fusione nucleare avrà sostanzialmente risolto il problema dell’inquinamento. E’ un business molto distante da quello siderurgico da cui proviene la nostra famiglia, ma estremamente affascinante.

E poi vuol dire guardare davvero al futuro del nostro pianeta ››. Omettendo o ignorando, che il progetto ITER è un esperimento atto a dimostrare la possibilità di accendere un piccolo sole sul nostro pianeta, utilizzando come combustibile il Trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno e che fughe accidentali di Trizio potrebbero avere conseguenze non diverse da quelle prodotte da incidenti nucleari da fissione. In sostanza, un reattore a fusione termonucleare produrrebbe una quantità di radioattività appena inferiore a quella di un reattore a fissione ordinario della stessa potenza. Di tutto ciò pare all’oscuro anche il sindaco della Spezia Massimo Federici, uno che viene dalla sinistra ‘equo-solidale’, dichiarandosi orgoglioso dell’insediamento di questa azienda , così come lo sono la sua giunta e i sindacati (tutti), ovviamente eccitati oltremodo dai risvolti padronali…ops, occupazionali!

Ma questa volta, nemmeno la scusa occupazionale può salvare la faccia a nessuno, visto che dai 130 posti di lavoro concordati coi sindacati in fase di trattativa per gli ex lavoratori Spel si sia passati a 35 assunzioni a tempo determinato della durata massima di 5 anni (questo il tempo necessario per la costruzione delle 10 maxi bobine Winding pack destinate al progetto ITER),  e chissà tra 5 anni cosa deciderà di produrre alle Pianazze il gruppo Malacalza, potenza della siderurgia ligure, visto che attraverso il suo amministratore delegato l’ingegner  Ferruccio Bressani, non fa mistero dell’intenzione di individuare altre aree nell’area spezzina, per poter ampliare le capacità produttive in vista di altre commesse di materiali superconduttivi, perché ‹‹Malacalza vede La Spezia come un punto strategico per la sua attività››, come sicuramente vede strategici per i propri interessi tutti quei lavoratori cassaintegrati della ex Ocean-S.Giorgio, privati dei loro diritti e svenduti da quei sindacati che dovrebbero fare di tutto per garantirglieli…la cosa dovrebbe farci tremare, non ci vuole molto per comprendere quanto schifosa sia questa società, questo sistema sociale, politico, economico, culturale, stanno investendo milioni di Euro per rendere invivibile e nociva la  nostra città, i nostri territori, il nostro golfo e le nostre vite. E se la famiglia genovese guarda agli sviluppi della fusione termonucleare nucleare, la tradizionale frontiera delle centrali a fissione registra segnali vivaci anche da altri versanti della piccola e media industria hi-tech ligure. E’ il caso della Demont di Millesimo (Savona), che si è assicurata una commessa, del valore di 23 milioni, per fornire impianti di condizionamento alla centrale slovacca di Mochowce. O della Termomeccanica di La Spezia, che figura in pole-position per le pompe da destinare alle caldaie delle nuove dieci centrali programmate dal governo indiano. E, ancora, il caso della D’Apollonia, società genovese di ingegneria, che è impegnata in alcune commesse in Romania e Argentina. O della Tecnospamec, anch’essa di Genova, che ha fornito alla General Electric un sistema per pulire le vasche contaminate degli impianti nucleari. Sembra proprio che tutti se ne freghino altamente di qualsiasi esito referendario, dalle università ai centri di ricerca, dalle imprese ai finanziatori (banche in primis), la classe politica tutta, ostinandosi in questo cammino, eppure sanno bene che esistono alternative molto più efficaci, sicure e meno costose come le tecnologie che usano le fonti rinnovabili e quelle che aumentano l’efficienza energetica. A questo punto, dovremmo riflettere su quanto potrebbe pesare il nostro silenzio, la nostra passività di fronte a tale operazione; sin dall’annuncio della commessa, all’accordo tra comune e azienda per il sito, ai mesi di tranquillo lavoro a tale progetto, non si è visto alcun interesse da parte di nessuno, si continua tutti a fare finta di niente. Invece di motivi per alzare la testa ve ne sono molti, per muoversi contro, ostacolare, sabotare, con mille modi per riprendersi quella dignità che giorno dopo giorno viene calpestata da continui soprusi e prepotenze. Basta essere complici di chi produce morte, di chi sfrutta e avvelena in modo scellerato il pianeta e le nostre vite.