
Abbiamo deciso di prendere in considerazione alcuni avvenimenti storici, per sbugiardare il sistema di dominio attuale, perché la lotta al fascismo in ogni sua forma, non si è mai fermata. Non sarà la nostra un’apologia di come siamo vittime al cospetto della storia ufficiale, semplicemente vorremmo proporre un piccolo elemento di discussione, per rivendicare il nostro presente , in cui lo stato ha responsabilità di violenza, al pari dewi carnefici fascisti. I singoli episodi verranno approfonditi in seguito, per le prossime uscite di Legére, o per il blog di esso. Crediamo che il fascismo si combatta diffondendo le nostre argomentazioni, condividendo modalità antiautoritarie; la guerra tra bande è la lettura volutamente mistificata che il potere dà alla nostra militanza attiva, per allontanare da sé la pratica antifascista.
Iniziamo a ricordare l’anno 1922, in cui La Spezia perse per mano fascista, la tipografia ‘La Sociale’, luogo di scambio rivoluzionario, condotto da Pasquale Binazzi e Zelmira Peroni; per i primi vent’anni del secolo XX tra via de Nobili e l’angolo con via Roma, furono stampati il giornale anarchico Il Libertario ed una serie di pubblicazioni di propaganda. Venne distrutta da un incendio appiccato da una squadraccia che tentò anche di raggiungere
Binazzi all’ospedale dove era ricoverato. Le autorità locali si sono limitate ad aggiungere alla toponomastica cittadina una via dedicata all’ “agitatore libertario”, un esempio di proto-compensazione storica che a noi non basta. Durante il “ventennio”, gli anarchici, strenui oppositori al regime, subirono più che mai la repressione, ma neanche con l’8 settembre vennero mai liberati ufficialmente dalle carceri e dall’esilio. Nel confino di Ventotene, ad esempio, i compagni lì imprigionati, riuscirono a scappare, grazie alla fuga dei loro carcerieri; uno di questi, Marcello Guida, si distinse quasi venticinque anni dopo, da questore (della Repubblica) di Milano, per l’assassinio di Giuseppe Pinelli, che fu anche giovane partigiano. Con la cosiddetta Liberazione, il potere passa dalle mani del fascismo alle mani della democrazia, ed il completamento della giustizia sociale contro la dittatura mussoliniana, continua a non avvenire.
Alcuni anarchici antifascisti rimangono rinchiusi nelle democratiche galere. Il caso di Belgrado Pedrini è grottesco: egli viene condotto in carcere, dopo la Liberazione, per un episodio accaduto nel 1942. Costretto a riparare a Milano fu sorpreso ad affiggere alcuni manifesti che invitavano la popolazione all’insurrezione contro la guerra. Intervennero le solite solerti forze dell’ordine, con le quali ne scaturì uno scontro a fuoco. Il nascente stato democratico gli presentò il conto. Pedrini uscì dalla galera solo negli anni settanta, grazie ad una campagna sociale a suo favore. Neanche la grazia del presidente della repubblica lo favorì immediatamente, (nel corso della sua permanenza in galera aveva tentato di evadere, avrebbe dovuto ancora scontare tre anni). Nel finire degli anni settanta, apparentemente lontano dal periodo buio, viene rilasciato Giovanni Marini che uccise, nel 1972, per difendere sé stesso ed altri due compagni da un’aggressione, un appartenente del fronte universitario fascista. Anche in quel caso la giustizia borghese si seppe far notare per la sua ottusità. Si distinsero persino i partiti della sinistra, tradizionalmente antifascisti, che dipinsero Marini come uno sciagurato. In quel periodo vi fu una campagna di informazione in suo sostegno, fortemente voluta dal Soccorso Rosso che fece emergere legami tra l’aggressione fascista ‘fallita’ e la compiuta strage di Piazza Fontana.
A Pisa, quarant’anni fa, Franco Serantini (nella foto), venne fermato per sempre dalla ricorrente e vigliacca brutalità poliziesca, durante una manifestazione di opposizione ad un comizio fascista. Vi furono scontri con la polizia e Serantini ebbe la peggio; fu picchiato sul posto e condotto in carcere. Lì continuarono le violenze e le vessazioni. Fu abbandonato ormai esanime. Morì in solitudine, anche per mano dei medici carcerieri.
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Appello per una manifestazione nazionale a Pisa
Franco Serantini faceva parte del gruppo anarchico Pinelli di Pisa, che aveva sede in via San Martino. La volontà di lottare per una società di liberi e di eguali lo univa ai compagni ed a tanti altri giovani proletari, in una fase di grande fermento sociale; era sicuramente una pagina nuova della sua giovane e difficilissima vita, che aveva conosciuto l’abbandono, l’orfanotrofio e la durezza delle istituzioni. L’impegno di Franco si dispiegava nelle iniziative sociali di quegli anni, come l’esperienza del “mercato rosso” nel quartiere popolare del CEP, ma anche, in senso specificamente politico, nella campagna contro la strage di Stato, per la difesa della memoria di Pinelli, per la scarcerazione di Valpreda e di altri compagni. Dopo le grandi lotte del ‘68 e del ‘69, padroni e fascisti cercavano di rialzare la testa rispondendo con la strategia della tensione e sferrando una feroce campagna antianarchica.
Il 5 maggio del 1972 Franco partecipa ad una presidio contro il comizio del fascista Niccolai. Il presidio viene duramente attaccato dalla polizia. Franco viene circondato sul Lungarno Gambacorti da un gruppo di poliziotti del I° Raggruppamento celere di Roma, e pestato a sangue. Portato nel carcere Don Bosco, Franco sta male, ma le sue condizioni vengono ignorate, nonostante si aggravino rapidamente. Dopo due giorni di agonia e coma, Franco muore. E’ il 7 maggio 1972. I suoi funerali vedono una grande partecipazione popolare.
Anno dopo anno, si susseguono le manifestazioni di piazza in sua memoria. Inoltre, a Torino gli viene dedicata una scuola, a Pisa una lapide viene collocata all’ingresso di palazzo Thouar, dove Franco visse nell’ultimo periodo della sua vita. Negli anni nascerà in città la biblioteca a lui intitolata, e nella piazza S. Silvestro, nota a tutti come piazza Serantini, verrà posto un monumento dedicato a Franco, dono dei cavatori di Carrara.
In una situazione sociale e politica come quella che stiamo attraversando, in cui aumenta la stretta della repressione, in cui si giunge persino a parlare di leggi speciali contro gli anarchici, sentiamo la necessità di unirci in un momento di lotta comune. Per questo gli Anarchici Toscani invitano tutti i compagni a partecipare a livello nazionale alla manifestazione del 12 maggio. Una manifestazione che porterà in piazza non solo una parte della storia del Movimento Anarchico, ma anche un aspetto importante della memoria della città di Pisa.
A 40 anni di distanza da quei fatti siamo nuovamente di fronte ad un attacco feroce da parte dello Stato e dei suoi apparati repressivi contro ogni manifestazione di dissenso. Dai recenti arresti ai danni dei compagni e delle compagne del movimento NO TAV che da venti anni si oppone alla costruzione dell’alta velocità in val di Susa, passando per gli innumerevoli episodi di repressione e costante minaccia che gli apparati repressivi operano, ormai quotidianamente, nei diversi contesti di lotta. E accanto alla repressione attuata con manganelli e lacrimogeni, quella pervasiva e diffusa del controllo sociale contro tutti coloro che muovono una critica radicale al paradigma dominante e desiderano sperimentare la praticabilità di un metodo e di un agire basati sulla libertà, sulla giustizia sociale, sull’eguaglianza reale e soprattutto sulla solidarietà. Perché tutto questo è pratica rivoluzionaria. La repressione ed il controllo sociale si realizzano massimamente nelle istituzioni totali e nelle strutture detentive. Ecco dunque le politiche razziste e la reclusione e deportazione dei migranti in istituzioni repressive come i CIE; ecco la recrudescenza neofascista, alimentata dalle istituzioni, dalla chiesa, dai padroni. Una violenza che si scatena, come nei casi di Torino e di Firenze, ora contro i rom, ora contro lavoratori senegalesi, ora contro qualsiasi settore sociale marginale.
Si cerca di dividere il fronte degli sfruttati, sempre più esteso a causa degli attacchi alle generali condizioni di vita, alimentando l’odio dello straniero e la rottura di meccanismi di solidarietà. In questo contesto, per i governi risulta fondamentale rafforzare il razzismo e il fascismo. Si rende quindi necessario oggi come 40 anni fa combattere con la solidarietà ogni forma di fascismo, razzismo ed esclusione. Per una società che spezzi le catene dei confini fisici e mentali che attualmente ci vengono imposti ed entro i quali ci vogliono costringere.
Facciamo appello a tutti coloro che vorranno scendere in piazza per ricordare Franco Serantini, anarchico, rivoluzionario. Facciamo appello a tutti coloro che vorranno scendere in piazza contro la repressione, contro il razzismo,
contro ogni fascismo.
Per una società di liberi e di eguali.
Anarchici Toscani
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