Legére: Partiamo dal principio,perché il nome Merkawa?
Merkawa: E’ un nome di origine ebraica… In realtà cercavamo un nome che finisse con una vocale, ma non fosse italiano. Non ci siamo curati del significato, ci sembrava suonasse bene, eravamo giovani. Abbiamo pensato più volte di cambiarlo, ma ormai non possiamo più modificare il nome sulla pagina di facebook, ahimè.
L: Avete da poco fatto uscire il vostro primo Lp..volete parlarne un po’ ai lettori di Legére?
M: “Merkawa” è il risultato di due anni di composizione, prove, scazzi… E’ sicuramente un lavoro più spinto, più diretto e più cupo del nostro EP precedente (“Lazzaro”, 2009). Il disco si compone di otto tracce le cui tematiche spaziano da rapporti di coppia un po’ malati, delusione per amici e fidanzate “legère”, insonnia, monotonia in La Spezia city, ecc…. E’ stato registrato nell’Agosto 2011 presso il Sonik Studio di Bottagna (SP) da Diego Petrucci. Il mixaggio è stato forse il momento del lavoro più entusiasmante perchè siamo riusciti ad ottenere il suono che volevamo grazie alle idee nostre e di Diego, eletto produttore artistico, ma non diteglielo. Si può dire che sia stato un lungo lavoro a dieci mani. Tuttavia è stato anche un parto, a momenti frustrante, infatti dopo due mesi di “Diè, aggiusta n’attimo qui”, “Diè, togli il riverbero…”, “Diè, metti il riverbero…”, “Diè, la voce più bassa!”, il nostro Diego disse di volerla fare finita con la musica. I disegni in copertina e all’interno sono vecchie tavole di Nicola Perucca, che il Perru ha trovato nel cassetto di un vecchio mobile. Quindi procuratevi “Merkawa” dei Merkawa o ve ne pentirete.
L: Ci sono dei gruppi da cui avete tratto ispirazione che sentite “vicini” come sonorità e se si quali?
M: Per quanto riguarda i gruppi del passato ci ispiriamo per lo più alla scena indie/post-hardcore/emo americana degli anni ‘90, gruppi come Fugazi, Jesus Lizard, At the Drive-in, Drive like Jehu e sicuramente dobbiamo molto al movimento post-punk/new wave preso male inglese degli anni ‘80. Tuttavia ognuno di noi porta nelle canzoni un po’ dei propri ascolti personali, della propria spiritualità.
L: Sicuramente avrete come tutti i rockers del nuovo millennio una cartella nel computer o un hardisk pieno zeppo di musica con tanto di discografie, album seminali e spazzatura varia, quali ascoltate? A questo proposito secondo voi ci sono delle differenze nel modo di ascoltare i dischi e la musica in generale rispetto ad un periodo (quello del vinile,cassetta,cd) in cui c’era un rapporto forse più stretto rispetto alla fisicità stessa del supporto?
M: Ovviamente, siamo pieni di tutto un po’, ma poi finiamo per ascoltare sempre i dischi che ci piacciono di più, che poi sono anche quelli che ci compriamo. Per quanto riguarda il formato, al di là della qualità migliore dei supporti “fisici” rispetto ad mp3 e affini, tenere in mano un disco è sicuramente più appagante. E’ il primo passo verso il feticismo.
L: Torniamo alle canzoni del vostro disco, come avviene la loro composizione e come scrivete i vostri testi?
M: Non abbiamo uno stile compositivo “universale”. Di solito i pezzi nascono in sala prove, vengono sviluppati da un riff di chitarra, un arpeggio, un pattern di batteria, un giro di basso…Se riscuote successo, ognuno lavora sul pezzo molto personalmente e con grande libertà. I testi sono tutti scritti dal Perru, il più grande poeta decadente della storia, nelle notti di tempesta.
L: Siete EMO?cosa significa secondo voi sentirsi/suonare EMO?
M: Nel 1986 durante un concerto degli Embrace, Ian MacKaye disse: “…“Emocore” è la cosa più stupida che abbia mai sentito in vita mia…”. Diciamo che non crediamo nelle etichette di genere, semplicemente diciamo di fare “emocore” perchè è quello che più sentiamo vicino al nostro suono, alla nostra “attitudine”, ai risvoltini dei nostri pantaloni e alle nostre Vans. E poi fa figo e va di moda.
L: Cosa pensate della droga? Ne fate uso, fate distinzioni particolari?
M: Ti ringraziamo per la domanda, è un argomento che ci sta molto a cuore.
L: Avete presentato il vostro disco al csoa Rda May Day, è stato un caso o ci sono dei motivi particolari?
M: No, sicuramente non è stato un caso, siamo tutti e quattro legati al May Day. Per tre di noi la primissima esperienza live è stata proprio lì, ci erano appena venuti i baffetti. Oltretutto è l’unico posto che ci ha dato e ci da l’opportunità di organizzare i concerti con i gruppi che preferiamo, gestendoci come meglio pensiamo la faccenda (ingressi, rimborsi ai gruppi, ecc…). Con questo non vogliamo togliere nulla agli altri locali di Spezia, nei quali abbiamo suonato e suoniamo sempre volentierissimo.
L: La Spezia è una città con un discreto numero di bands, avete dei rapporti di amicizia con qualcuna in particolare? Vi sentite parte di una scena musicale o viaggiate in solitaria?
M: Noi crediamo veramente che alla Spezia ci sia un grande numero di band di ogni genere validissime, composte da persone spesso ricche di talento e umiltà, anche se non ci facciamo mancare gli autoproclamati “reucci”o “capetti della scena”, che fanno un po’ tenerezza a tutti. Possiamo dire di essere in buonissimi rapporti con buona parte delle band di Spezia, ci si ritrova ai concerti e ci si gasa assieme, ci si supporta a vicenda e spesso ci si frequenta anche al di fuori del contesto musicale. Quindi, si, ci sentiamo parte della scena spezzina.
L: Se una grossa major vi offrisse (per ipotesi) un contratto milionario che vi desse una buona sicurezza economica, concerti grossi, copertine di riviste, groupies, passaggi in radio e televisione.. sareste disposti a cambiare radicalmente la vostra musica a favore di fama e successo?
M: Non ci dispiacerebbe campare di musica, fare un sacco di soldi, essere circondati da groupies, andare su mtv, vestirci come i Modà, avere tutto ciò che vogliamo nei camerini e un giorno diventare più ciccioni di adesso, ma se questo volesse dire cambiare totalmente il nostro genere e il nostro approccio probabilmente diremmo di no. A meno che non ci assicurino un duetto con Vasco.