Carrara è una “città” dove lo spazio pubblico viene gestito emettendo ordinanze che impediscono ai bimbi di giocare a pallone nell’unica piazza verde del centro storico (non ci sono parchi giochi), che proibisce il passaggio di cani (anche al guinzaglio) nella stessa piazza; che proibisce di consumare pasti all’aperto in centro (si vuole impedire “l’invasione” dei pericolosi Punkabbestia); una “città” che proibisce l’apertura di Kebab nel centro storico lasciando vuoti e inutilizzati una marea di fondi; dove sono chiusi tutti i luoghi di cultura quali: il Politeama per i noti crolli, il Teatro Animosi, dove pare che chiuda anche il Cinema Garibaldi, a gestione pubblica e con una programmazione di qualità, lasciando la città (sessantamila abitanti) senza cinema; una “città” deserta dalle 20 in avanti con un commercio ormai morto ed una vita sociale inesistente; una “città” in mano alle lobby del marmo che scandiscono il tempo di chi la vive, una “città” che, nonostante ospiti una delle Accademie delle Belle Arti più rinomate d’Italia per il corso di scultura non offre nessuna opportunità agli artisti; una “città” che lascia in degrado nel suo unico parco (“la Padula” a due passi dal centro storico) opere in marmo dei più grandi scultori contemporanei quali: Dani Karavan, Ian Hamilton Finlay, Robert Morris, Claudio Parmigiani, Luigi Mainolfi, Mario Merz, Sol Le Witt (recentemente scomparso che ha lasciato a Carrara la sua unica opera in marmo). Carrara è una “città” che non comprende più che lo spazio pubblico è lo spazio del cittadino! Che non vuole capire che il fascino e la bellezza delle città sono proprio l’espressione e le sfumature dell’agire delle persone che ci vivono, delle relazioni sociali che può favorire, della mescolanza di comportamenti e gruppi sociali differenti, delle situazioni che si creano e le potenzialità dello sfruttamento dello spazio fisico, trascendendo in qualche modo la limitatezza della funzione per cui uno spazio urbano è stato concepito.
Da qui l’idea di insediarci in un’ Area Blu a pagamento in pieno centro città. Pagando infatti il pedaggio, si diventa a tutti gli effetti padroni temporanei di quella porzione di suolo, aderendo e facendo proprio il principio base che un parcheggio non debba essere necessariamente destinato ad un’automobile, bensì che sia potenzialmente utilizzabile anche come spazio espositivo. Nasce cosi ZTL, ovvero l’idea di portare le arti in strada, senza filtri nè mediazioni, utilizzando il contesto urbano come sfondo, attraverso un progetto di allestimento complessivamente unitario a cui possa aderire chiunque abbia la volontà e la possibilità di farlo: fotografi, performers, pittori, scultori, writers, etc …
L’intenzione è quella di creare un’occasione nella quale possa nascere un libero confronto tra la città, gli artisti e il pubblico, scambiandosi idee e trascorrendo un pomeriggio in modo decisamente diverso dal solito.
Diamo vita ad un’azione eloquente che nasce dal basso, promuoviamo la riappropriazione dello spazio urbano da parte delle persone, così da ridiventare un luogo di libera espressione e di incontro.
Il paradosso è vivere in una società senza socialità.
1 euro e 50 all’ora?!